Evento Young Inclusion

Tavola rotonda, “La disregolazione emotiva nei giovani: prospettive e modelli d’intervento”

Un pomeriggio di formazione d’alto livello su un tema complesso e urgente, quello del disturbo borderline di personalità, sotto la regia di Ats Brianza – partner di Young Inclusion. Giovedì 23 settembre sono stati quasi 200 i medici, psichiatri e pediatri iscritti alla tavola rotonda promossa dal progetto – da remoto – dal titolo “La disregolazione emotiva nei giovani: prospettive e modelli d’intervento”. «“Desideriamo tutto” è lo slogan che muove le attività di Young Inclusion – sono state le parole di Alcide Gazzoli, project manager di YI – racchiude quello che vogliamo per i 100 e più fragili tra cui le ragazze con disturbo di personalità borderline accolte nelle nostra community care: è una vita piena, degna di essere vissuta totalmente, e  non stare un poco meglio..appena sufficiente.  E’ questa la sfida che abbiamo raccolto».

«L’importante tavola rotonda ha raccolto attorno al tema della cura del disturbo di personalità borderline (DPB) alcuni autorevoli esponenti del mondo accademico, della ricerca, delle strutture di cura e dei servizi dei territori lombardi», spiega Luigi Campagner, responsabile scientifico del convegno, psicoanalista e presidente della Coop. “La Clessidra”. La ricchezza dei contributi e il dialogo tra i relatori e il pubblico hanno permesso di fare il punto sullo stato di avanzamento in alcuni campi fondamentali come lo sono la qualità dei servizi (nell’intervento di Antonio Lora, direttore del dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’asse di Lecco), i progressi internazionali della farmacoterapia (Antonio Vita, ordinario di Psichiatria, direttore della scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università di Brescia), il bilancio sulle più recenti ricerche internazionali sulla disregolazione emotiva (Massimo Clerici, ordinario di psichiatria e direttore della scuola di specializzazione in psichiatria dell’università Bicocca) – uno dei tratti psicopatologici connotanti il DPB, assieme all’angoscia abbandonica, l’autolesionismo, l’ideazione e le condotte anticonservative.  

Continua Campagner: «Tra i dati della letteratura, seppur con delle novità dispetto al quindicennio precedente, vi è la conferma che il trattamento d’elezione del DPB è di natura psicoterapeutica, mente i farmaci – nessuno specifico per il DPB – possono giocare un ruolo supporto in alcune fasi del trattamento, dove la valutazione diagnostica e l’appropriatezza delle scelte sono molto importanti. Purtroppo, sono ancora troppo diffuse prassi inappropriate che possono dar luogo a fenomeni di “buffet” e di “cocktail” farmacologici di benzodiazepine, neurolettici, stabilizzatori dell’umore e antipsicotici, le principali famiglie di farmaci utilizzati. Un tema affrontato è stato quello delle comorbilità, perché il DPB si accompagna spesso con il disturbo alimentare e con l’abuso di sostanze o/e comportamentale – condotte sessuali a finalistiche utilizzate a scopo lenitivo e come stabilizzatore dell’umore, autolesionismo e altre. La presenza delle co-morbilità è una sfida nella sfida per i clinici impegnati del trattamento dei giovani pazienti – in gran parte appratente alla popolazione femminile». 

Altro focus è stato posto sull’intervento precoce e la prevenzione (Maria Antonella Costantino, direttore UO Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza, e direttore area omogenea salute mentale – Policlinico di Milano) che comporta un continuo adattamento e aggiornamento di servizi del personale sanitario e parasanitario sulle migliori metodologie per la presa in carico (Antonio Amatulli, direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asst Brianza,  Carlo Fraticelli, direttore dipartimento salute mentale e dipendenze dell’Asst Lariana). Una sfida quest’ultima che riguarda oltre ai servizi anche le comunità educative e terapeutiche che devono riuscire tradurre in pratica i risultati della ricerca, trasducendoli in accessibilità, appropriatezza e innovazione per i pazienti. 

Illuminante in questo senso la presentazione del metodo GET – Gruppi-Esperienziali-terapeutici, da parte di Raffaele Visintini, Coordinatore d’area per Psicologia Clinica e Psicoterapia e

Responsabile Day Hospital Disturbi di personalità del San Raffaele di Milano e direttore sanitario della Comunità Terapeutica “Frida Kahlo” di Gerenzano. GET è un metodo trattamentale che ha superato brillantemente il giro di boa della sperimentazione. In uso dal oltre 10 anni preso il Day Hospital dell’Ospedale San Raffaele viene utilizzato anche da La Clessidra nelle comunità di Gerenzano e Castellanza e nella clinica Santa Croce Locarno (CH) entrambe partner di YI. «Nel dibattito – conclude Campagner – si sono affrontate le prossime sfide legate alla incipiente diminuzione dei medici psichiatri nei servizi e alla necessità di formare le professioni paramediche (infermieri, educatori) assieme a psicologi e psicoterapeuti per assicurare ai giovani pazienti e alle loro famiglie cure efficienti ed efficaci di primissimo ordine, nel solco delle best practices che caratterizzano la rete dei servizi ospedalieri e territoriali».

Nel concludere, Gazzoli ha ringraziato tutti i partecipanti, i relatori e gli organizzatori di Ats Brianza, rilanciando sulla necessita di una strategia sussidiaria per affrontare il tema del reperimento delle risorse economiche necessarie a  sostenere gli interventi di cura: «Noi riscontriamo l’efficacia di una alleanza virtuosa sussidiaria, di pubblico e privato che lavorano insieme, coinvolgendo pubblica amministrazione, famiglie, associazioni ed enti del terzo settore». 

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